domenica 31 gennaio 2021

Rovinarsi la domenica, ma perché, per chi?

Io davvero vorrei che ci fosse un modo, un microchip di quelli che ti impiantano nel cervello nei film di fantascienza, sarei disposto a fare qualsiasi cosa pur di cancellare la sensazione che ti prende dopo una giornata del genere, come quando mi hanno chiesto “come hai fatto a farti fare le infiltrazioni, io non ce l’avrei mai fatta”: arrivi a un certo punto in cui sei disposto a farti fare qualsiasi cosa pur di cancellare il dolore. E io lo so che questo post potrebbe essere usato contro di me dalla fazione opposta, ne sono consapevole e accetto il rischio, permettendomi solo sommessamente di far presente che la vita è una ruota che gira e quindi se oggi siete su non significa che lo sarete per sempre. Però in qualche modo la devo buttare fuori questa cosa: oggi pomeriggio sono stato monosillabico, a cena ho mangiato giusto il minimo indispensabile, mi sa che mi farò pure una camomilla, non so se rendo l’idea della gravità della situazione. Perché vedete, io davvero avrei voluto nascere disinteressato al calcio, avrei voluto essere come quelli che alzano le spalle sghignazzando, inarcano il sopracciglio e ti guardano con supponenza perché “ma sarà che te la prendi così per una partita?” E invece sì, sono dalla parte della barricata che se la prende così, per una partita, sicuramente più di quanto non facciano tanti calciatori professionisti. E siccome l’universo intero è una questione di grandezze relative, per cui la Terra è un granello di polvere se confrontata con il Sole e il Sole è un granello di polvere se confrontato con altre stelle eccetera eccetera eccetera,

 il mio problema è stasera leggere la classifica del girone B di serie C, pagina 215 del televideo Rai


Perché questa pagina per me rappresenta la somma di tutto quello che può rovinarti la domenica, sportivamente parlando. In un anno di partite viste in diretta streaming, di presenze scaglionate (il derby di andata ce lo siamo visti in meno di 150 persone, se me lo avessero detto solo un anno prima non ci avrei mai creduto, e comunque abbiamo perso 1-0, e quel giorno ho giurato a me stesso che non avrei più messo piede in uno stadio in un contesto del genere), o come oggi in diretta in una tv locale, senza poter andare allo stadio covando l’illusoria speranza che un qualche mio grido dagli spalti avrebbe potuto evitare un marchiano errore difensivo, o facilitato il passaggio filtrante che avrebbe sbloccato la partita per i miei colori, non c’è niente di peggio che perdere un derby con un 3-0 secco e senza appello, senza poter recriminare nulla, vedendo la tua squadra del cuore prigioniera degli stessi errori che le hanno fatto accumulare la miseria di 10 punti in 21 partite, con una campagna acquisti permanentemente attiva, tra vecchie glorie, cavalli di ritorno, veterani della categoria e giovani che forse emergeranno ma più probabilmente no, tre allenatori, due direttori sportivi e chi più ne ha più ne metta, e per questo mio dolore che non è solo mio non c’è spazio nelle tv nazionali, dove si disserta sul fatto che dall’undicesimo posto in giù potrebbe retrocedere chiunque in serie B, su chi tra Juventus e Napoli abbia le maggiori probabilità di rientrare nella corsa per lo scudetto, su chi potrebbe sfilare lo scettro di campione d’Italia ai bianconeri, ché da quando è nato il mio primo figlio - che un giorno quando era all’asilo fece un disegno di Davide Moscardelli con la maglia della mia squadra del cuore ed io ero tutto gonfio di orgoglio - lo hanno sempre vinto loro, e mio figlio attualmente va in quarta elementare, e insomma sarebbe anche ora che.  

Arezzo-Perugia e spalti vuoti... WTF?

E il fatto in poche parole è che nel calcio a tutti i livelli si spacca il capello in quattro, ci si rivedono in TV o mentalmente le azioni un miliardo di volte (l’errore del centrale della mia squadra che ha propiziato l’1-0 dopo undici minuti tormenterà i miei sonni nei giorni a venire, lo so già), ma è sempre e comunque tutto relativo, importa più a chi lo segue che a chi lo gioca, è un gioco delle parti dove è tutto sbagliato, tutto sconclusionato come queste mie riflessioni, che magari quest’anno il Cagliari retrocede, ed è un campionato difficile e pieno di amarezze, quello dei rossoblù, e invece io penso che ci farei volentieri a cambio, col Cagliari, con tutto il pacchetto del Cagliari, dallo scudetto del 1970 alla semifinale di Coppa UEFA negli anni novanta, agli oltre 40 anni in serie A, e dico Cagliari ma potrei dire tante altre piazze analoghe, perché alla fine quando i miei perdono un derby 3-0 e per giunta lo fanno senza lottare mi sembra tutto ancora più sbagliato, mi sento nato sotto una cattiva stella, vorrei dimenticare tutto anche perché domani è lunedì mattina, c’è il lavoro, da portare il bambino a scuola e sperare che la sorellina dorma, il 3 febbraio saranno 13 anni che non vinciamo il derby, per fortuna tra un paio di settimane ho l’appuntamento con l’ortopedico per la prossima infiltrazione, magari passa tutto il dolore. Vado a farmi una camomilla, ne ho davvero bisogno.

Epilogo: mentre bolle l’acqua sul gas, faccio zapping in tv, su Canale 5 c’è l’ex portiere di Inter e nazionale – che quella sera di inizio luglio del 1990 mi fece piangere lacrime amare con quell’uscita a casaccio su Caniggia e coi rigori successivi, ospite di una trasmissione di Barbara D’Urso, sta dicendo qualcosa sul fatto che lui mai e poi mai andrebbe a spiattellare pubblicamente sui social le cose che riguardano il suo rapporto coi figli. E allora capisco: è tutto un brutto sogno, non c’è bisogno di farsi il sangue amaro, sono in una dimensione parallela, tra poche ore suonerà la sveglia e tornerò nel mondo reale. Se non mi sveglia prima il pianto di mia figlia, piccolina, ha appena cinque mesi, almeno lei tante cose se le è risparmiate.