venerdì 17 luglio 2020

Chiudete il bandone. [È anche colpa mia.]


Ho sofferto come si soffre da adolescenti nel 1993, avevo 14 anni e la squadra di calcio della mia città veniva radiata a campionato in corso, anzi, per la precisione a sette giornate dalla fine, e dopo settant'anni di storia la città dava l'addio alla gloriosa U.S. Arezzo. Mi sono incazzato come una bestia nel 2010, quando fu la volta dell'A.C. Arezzo, fondato da Graziani e fatto svanire come un ghiacciolo a luglio da Mancini. Ho cercato, per quanto possibile, di dare una mano per trovare qualche soldo per l'esercizio provvisorio quando il 15 marzo del 2018 l'U.S. Arezzo è morto per la seconda volta. Se esistesse una giustizia sportiva, il calcio si farebbe solo coi soldi che si hanno in tasca e non con quelli dei soci che forse un giorno arriveranno o forse no, i bilanci si farebbero con le entrate e le uscite e non con le plusvalenze reali o presunte, gli introiti deriverebbero da sponsor, vendita di biglietti in stadi degni di essere chiamati tali, eventuali diritti TV e vendita di merchandising, stop. Se esistesse un dio del calcio, alla greppia del calcio non ci sarebbero a mangiare oscuri faccendieri, procuratori, direttori sportivi, intermediari, broker, federazioni calcistiche nazionali, regionali, provinciali, dipendenti della FIGC, della Lega Calcio, una lega calcio per ogni categoria del calcio italiano, ogni lega un presidente, un vicepresidente, dirigenti e via incaricando. Se esistesse una giustizia amministrativa, a settembre inizierebbero i campionati dopo che tutte le squadre hanno presentato bilanci in ordine, rose adeguate, pagato una tassa d'iscrizione ragionevole, senza pendenze giudiziarie, iscrizioni da verificare, fidejussioni farlocche, punti di penalizzazione, giocatori che devono ancora riscuotere stipendi dell'anno precedente, campagne abbonamenti a prezzi sostenibili, bilanci trasparenti, strutture all'altezza. Se esistesse una giustizia nell'informazione, da settembre a maggio giornali e siti di informazione parlerebbero di calcio giocato, da giugno a luglio di calciomercato e ad agosto di amichevoli e trofei sponsorizzati da note marche di birra; quello che accade nei letti dei calciatori non sarebbe oggetto di prime pagine, o almeno non lo sarebbe nei media sportivi, non ci sarebbe bisogno di titoli con doppi sensi agghiaccianti, rubriche dedicate a gossip, scommesse, fotogallery pruriginose, scoop sulla vita privata, solo per un pugno di clic in più. Se esistesse una giustizia in generale, oggi che siamo a 17 luglio io sarei qui a sfogliare un quotidiano sportivo o ad aprire un sito internet per vedere quali giocatori comprerà l'Arezzo, quali partiranno e quali saranno confermati, magari ragionando su possibili formazioni e moduli, mandando messaggi whatsapp a gruppi di amici più o meno nutriti in cui dirsi che secondo me manca un terzino destro, un centrocampista di interdizione, una seconda punta, un regista arretrato, un secondo portiere. 




E invece sono qui, il 17 luglio 2020, col cuore in gola per la sorte dell'Arezzo calcio per la quarta volta in meno di trent'anni, e sapete che c'è? Non sono neanche arrabbiato, e proprio questa è la cosa peggiore. Sono solo tanto stanco e nauseato, e allora forse è davvero anche colpa mia che non mi sono opposto in tempo, che nel mio piccolo ho permesso che succedesse di nuovo, che arrivassimo di nuovo alle porte coi sassi, che si speri ancora una volta in un salvatore venuto da fuori, o in un aretino che improvvisamente viene folgorato sulla via di Damasco e si scopre innamorato della squadra della sua città, o nella divina provvidenza, in questo caos in cui si salvano solo i tifosi e orgoglio amaranto e tutto il resto è bruciore di stomaco o sospetto o parole vane o doppi sensi che non posso o non voglio cogliere, e quella che dovrebbe essere l'anomalia è diventata la normalità, l'eccezione è diventata la regola, qualcuno mi dica se tutto questo è normale. Se esistesse una giustizia, ma tanto non esiste, e quindi vaffanculo, smetto di leggere tutto, staccateci la spina perché almeno è la fine più dignitosa, svegliatemi quando ricominciano i campionati, quando dagli altoparlanti dello stadio risuonerà ancora una volta la canzone amaranto.

Playlist di questo pezzo, e in un certo senso anche dell'estate

Lo Stato Sociale - Mi sono rotto...
The Zen Circus - Andate tutti affanculo
Francesco Guccini - L'avvelenata
Fabrizio De Andrè - Canzone del maggio
Mansun - Closed for business
Pupo - Canzone amaranto

martedì 7 luglio 2020

È colpa mia

I Ministri attaccherebbero con “I Soldi sono finiti”, i Verdena proseguirebbero con “Trovami un modo semplice per uscirne” e il fu Teatro degli Orrori concluderebbe con la malinconica “È colpa mia”. Ecco, la playlist dell’ennesimo baratro amaranto è servita. La colpa di cui sopra è quella che, indegnamente, i burattinai vorrebbero affibbiare ai tifosi, “rei” di aver attaccato uno striscione che “ricordava” al Presidente che, in quanto tale, dalle sue decisioni dipende il futuro del Cavallino: “Vivere o Morire”, canterebbe Motta in un ipotetico bis, bonus track del nostro tormento.
Ora, che una scelta così critica possa essere presa come conseguenza di un pezzo di carta di qualche metro con due righe scritte col pennarello indelebile è una tesi che non regge, anche se La Cava, in questo paio d’anni, qualche reazione a caldo un po’ infantile efrancamente evitabile ce l’ha avuta. L’ovvia verità, semmai, è che chi ha voglia di togliersi di dosso una bella gatta da pelare e che, chissà, ha deciso da mesi di mollare si attaccherebbe a qualsiasi cosa pur di avere un pretesto per farlo. E infatti eccoci qua, palla presa al balzo (che è una forzatura perché manco rimbalzava ‘sto pallone) e destino quanto mai incerto, a poche ore da una prima data esiziale, il famigerato 10 luglio, per l’iscrizione al prossimo campionato.
Già, il prossimo campionato. Questa stagione l’abbiamo terminata in anticipo scegliendo di non disputare i playoff, decisione anche legittima se fosse stata finalizzata a concentrare soldi e programmi sulla prossima. Peccato che l’unica cosa che pare abbiano programmato nel dettaglio è il teatrino assurdo a cui abbiamo assistito fino ad ora, rimpallati tra la trattativa con Stanzione, saltata guarda caso poche ore dopo il passo indietro di La Cava e le sue dichiarazioni deliranti, e la fantomatica pista parallela di Pieroni di cui nessuno, forse nemmeno il grande vate jesino, sa nulla.
Come è stato scritto anche su Amaranto Magazine, i tifosi sono buoni e cari quando applaudono le passerelle sotto la Sud, alla lunga diventate pure un po’ stucchevoli, ma sono sporchi e cattivi quando muovono qualche critica. Sono da “lisciare” quando devono pagare biglietti e abbonamenti, però poi bastonate nel groppone se esternano qualche dubbio sulla gestione societaria o se vogliono sapere di che morte dovremo morire, ancora una volta. Ma come si permettono? Guai, zitti e muti, ché i soldi li mettono i timonieri, come se il tifoso invece andasse allo stadio gratis o in trasferta col teletrasporto o non avesse fatto la sua parte e molto di più appena due anni or sono per salvare la baracca.
A proposito, proprio di quei tempi, freschi di un vero e proprio disastro gestionale che aveva portato al fallimento e all’esercizio provvisorio, La Cava annunciò di volere una società “normale”. Giubilo: lo volevano tutti, dopo quello che avevamo passato. Parole al vento, però, dato che ad oggi abbiamo di nuovo gli stessi passivi da ripianare, sul settore giovanile non c’è uno straccio di progetto concreto e anche l’aretino in società, elemento di novità gradito, un po’ per il sostegno economico e un po’ perché forse, anche inconsciamente, rappresentava una sorta di garanzia, è stato ben presto accompagnato alla porta, quando invece l’avviso ai naviganti era sempre stato quello di necessitare rinforzi per portare avanti il progetto. Però oh, la colpa è dei tifosi. È stato fatto di nuovo il passo più lungo della gamba, sono state fatte operazioni di mercato, nell'ultima stagione, oserei dire cervellotiche, è stato sbandierato un progetto triennale ambizioso per poi, due anni dopo, cercare la prima scusa possibile per scappare. Però oh, la colpa è dei tifosi. “Sì sì, no, mo’ me lo segno proprio”: non ci resta che piangere, davvero.

È colpa mia
se siamo diventati indifferenti
per piccoli egoismi e altrettante bugie
e nessuna spiegazione”