sabato 26 ottobre 2019

#StayDiDo o #DiDoOut?


Passano le domeniche e ti rendi improvvisamente conto che siamo quasi già a un terzo di stagione. Quella di domani è la dodicesima giornata, vi rendete conto? Abbiamo oltrepassato stancamente la prima metà del girone d’andata tra delusioni, tante, e pochissimi momenti di gioia, diciamo più sospiri di sollievo in mezzo a una prolungata apnea. E ogni giornata che passa, si rinnova il dilemma: Di Donato va tenuto o esonerato? Io, avvolto nella più profonda indecisione, mi mordo le unghie da settimane, rimugino, ci penso e ci ripenso ma alla fine l’unica cosa che mi sento di fare è buttare giù i pro e i contro di un suo eventuale allontanamento.




Parto dai contro, perché mi sento di fare una premessa: se in quella panchina ci fosse stato un qualsiasi allenatore senza un passato ad Arezzo, senza dei trascorsi in amaranto, senza i ricordi tutto sommato buoni che ha lasciato, forse sarei uno di quelli che chiederebbe a gran voce l’esonero.
Invece non è così e il primo “contro” è di questo genere: al timone c’è Daniele Di Donato e sarebbe un peccato se finisse male. È vero, nel calcio, a torto o a ragione, non c’è spazio per riconoscenza o sentimentalismi, però lui me lo ricordo quando quella maglia la vestiva, onorandola e sudandola metro dopo metro, dandole lustro con il suo lavoro magari oscuro ma essenziale a centrocampo, dove forse ancora oggi farebbe più comodo di qualcuno che la maglia amaranto se la mette, proprio lì dove l’Arezzo è più in difficoltà. Mi piace credere che questa storia avrà, se non un lieto fine perché la stagione pare ormai destinata a essere sotto le aspettative, quanto meno un crescendo.
Il secondo “contro” riguarda un discorso più generalizzato che mi porta a pensare che non sia esattamente il primo responsabile. Che ci stia mettendo del suo, ok, ma che alla base ci sia una rosa male assortita, squilibrata in avanti, con troppe scommesse, tra giovani acerbi e giocatori reduci da annate sottotono o da infortuni più o meno gravi. E non mi si venga a dire che i giocatori li ha voluti Di Donato: Pieroni è un volpone e soprattutto è un decisionista, ha privilegiato probabilmente aspetti economici ed extra-campo portando alla corte del Cavallino ciò che lui ha ritenuto più idoneo alle casse della società prima ancora che alle idee di gioco. Ci sta, ma allora non aspettiamoci che dalle querce nascano limoni.
Strettamente collegato al punto precedente, quindi, cosa aspettarsi da un cambio di allenatore? Chi viene, quali idee diverse potrà apportare? La squadra sembra poter giocare solo con un 4-4-2 con due esterni offensivi, vista l’abbondanza davanti e la penuria di qualità in mezzo. Quando Di Donato ha cambiato, più per emergenza che per convinzione, sono stati più i segnali negativi che quelli positivi.
Il quarto e ultimo punto a sfavore è molto semplice: il Presidente, che già ha dovuto presentare una fideiussione aggiuntiva a copertura di un budget superiore al limite prefissato, dovrebbe accollarsi lo stipendio di un nuovo mister. Conviene davvero?


Veniamo ora ai “pro”. Il primo è sicuramente la necessità di una scossa: si dice che cambiare allenatore dia sempre, almeno nell'immediato, dei risultati tangibili e degli stimoli in più nei giocatori. E questo Arezzo da encefalogramma piatto avrebbe proprio bisogno di una defibrillata.
Servirebbe, anche e soprattutto, per responsabilizzare i giocatori: non che tuttora siano esenti da critiche, però la tendenza a riassumere tutto sotto la voce “allenatore inadeguato” c’è e c’è sempre stata. Esonerare Di Donato significherebbe togliere loro l’ultimo alibi rimasto. A quel punto o corrono in campo o corrono dopo. Sono stato troppo chiaro?
Prima parlavo di responsabilità: il mister non è l’unico responsabile, ma di colpe ne ha anche lui. Paga probabilmente l’inesperienza tra i professionisti, ma la sensazione è che si sia incartato quasi subito, abbandonando la sua idea e cambiando modulo per cercare certezze e trovando invece ancor più dubbi. Il gioco latita, a volte gli undici in campo sembra che non sappiano cosa fare col pallone tra i piedi e le occasioni da gol si contano sulle dita di una mano… Si nota, infine, una certa testardaggine nel non utilizzare alcuni giocatori (penso a Caso, mai titolare se non a Vercelli), o a utilizzarne quasi forzatamente degli altri che non stanno dando un contributo sufficiente (Volpicelli, Piu, Baldan su tutti). Ordini dall'alto o farina del suo sacco?
Ultimo ma solo per flusso di pensieri, il capitolo Gori. Il biondo irrita per lo scarso contributo che fornisce alla squadra nell'arco dei novanta minuti, ma quando gli capita l’occasione, la butta dentro. Forse un altro mister potrebbe riuscire a sviluppare un sistema di gioco che ne esalti le caratteristiche e lo metta al centro del villaggio. Ci servono i suoi gol e dobbiamo metterlo nelle condizioni di farli, a qualsiasi costo.
Comunque la vediate, domani uniamoci sotto un solo grido: “Noi vogliamo questa vittoria”.

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