mercoledì 18 marzo 2020

Fare calcio, fare informazione, ai tempi del #Covid-19

Caro presidente La Cava,
ho aspettato 24 ore prima di pubblicare questo post, mi sono detto "aspetta, magari ti passa". Non è passata, allora lo metto oggi. Facciamo conto che questo post sia in primo luogo uno sfogo personale, in secondo una lettera aperta. Ho letto le dichiarazioni da lei rilasciate al Corriere di Arezzo in edicola ieri, nonché qualche commento che è stato postato con un account che porta il suo nome, in risposta a commenti di altri utenti, su siti che fanno informazione sull'S.S. Arezzo Calcio.

foto dal sito www.comune.arezzo.it

Bene, sa qual è la sola cosa che mi sento di dirle?

Faccia un po' come le pare, presidente.

Faccia un po' come le pare perché in questi tempi complessi, di quello che lei intende legittimamente fare dell'Arezzo Calcio è uno degli ultimi dei problemi, non tanto miei quanto del mondo in generale. Ecco, forse il punto è proprio questo: guardare le cose in una prospettiva più ampia. Se lei si sente di lasciare l'Arezzo in questo momento, faccia, quella è la porta. Ripartiremo dai dilettanti come ci è già successo, io pagherò l'abbonamento come ho sempre fatto, per ragioni anagrafiche posso dire "dai tempi di Graziani presidente". Mi permetta di dirle che però, in quanto a empatia, ecco, deve lavorarci un po', perché se il suo livello attuale è così basso da far sì che lei si senta in dovere di chiamare una redazione di un quotidiano, in un momento di piena emergenza nazionale, per dire ai quattro venti cosa intende fare della squadra di calcio della città, ecco, così a naso le dico che non ci siamo. Non ci siamo proprio.

Dovremmo farle un applauso per aver pagato gli stipendi ai giocatori? O magari devo anche sprecare più di un rigo nel ricordarle che ha dato loro solo quanto gli spettava? No, perché allora a questo punto direi che dovremmo fare un applauso ancor più grande a tutti gli imprenditori d'Italia che il 10 di marzo hanno fatto partire i bonifici verso i propri dipendenti, senza nessuna sicurezza né sul SE né sul QUANDO la loro attività imprenditoriale potrà ripartire. Quindi se mi permette, un applauso vorrei rivolgerlo anche all'azienda per la quale lavoro, prima ancora che a lei. Già, perché il punto che deve esserle chiaro è che io l'Arezzo lo amo, ma l'Arezzo non dà da mangiare né a me né alla mia famiglia, e questo mi permette una certa indipendenza di giudizio e libertà di parola che ad altri, forse, non è data.

Vede presidente, forse è il caso di ricordarglielo: nessun medico l'ha obbligata con un TSO a investire i suoi soldi nell'Arezzo. E quindi, al netto della gratitudine che le è dovuta per aver mantenuto il calcio professionistico ad Arezzo nell'ora più buia, è forse il caso di ricordarle che i tifosi (in quanto paganti) e i giornalisti (in quanto operatori indipendenti dell'informazione) hanno tutto il sacrosanto diritto di esprimere la propria opinione sull'andamento di una stagione che veniva dopo quella delle semifinali playoff perse contro il Pisa dopo aver visto il più bel gioco espresso ad Arezzo da svariati anni (altra cosa di cui personalmente le sono grato), e che era stata da voi presentata come quella in cui l'asticella si sarebbe ulteriormente alzata.

Mi fermo qui. Tutta Arezzo, tutta l'Italia, tutto il mondo hanno cose più importanti a cui pensare, oggi, che un presidente permaloso che pensa, non essendo né il primo né l'ultimo, che tutto il mondo giri intorno al suo ombelico. A posto così, ok? Anzi, glielo ripeto ancora una volta: faccia un po' come le pare, presidente. Arrivederci e grazie.

domenica 1 marzo 2020

Arezzo-Siena: serve aggiungere altro?



Roberto Gennari


Da una parte la squadra senese che naviga nelle prime posizioni della classifica, che vincendo in terra aretina metterebbe il secondo posto nel mirino. Dall'altra la compagine amaranto, in piena lotta per un posto nei playoff e decisissima a regalare una gioia ai propri sostenitori. Questa partita in tanti la aspettavano per mercoledì sera, ma le passioni sportive al tempo del Coronavirus possono subire rallentamenti, spostamenti, deviazioni impreviste. Chi mi conosce sa della mia passione per la palla a spicchi, quindi immaginatevi cosa può essere una partita del genere per me.
Partiamo da un fatto: Arezzo-Siena non è mai davvero un'amichevole, sin dai tempi delle Giostre del Toppo - ma con ogni probabilità neanche da prima, in nessun contesto, in nessuno sport. 
Secondo fatto: per una sfida Arezzo-Siena in programma per mercoledì sera sul rettangolo verde dello stadio "Città di Arezzo", che non si è giocata per motivi tristemente noti, ce n'era un'altra in programma per oggi pomeriggio, alle 18:15, sul rettangolo di parquet del Palazzetto "Mario D'Agata", a tutti meglio noto come Le Caselle. Ed è stata una sfida avvincente, bellissima ed emozionante, oh se lo è stata. Adesso che è finita, posso dirlo: quando, dopo essere stati avanti per lunghi tratti di partita, gli amaranto si sono fatti raggiungere sul 77-77 nella seconda metà del terzo quarto, i fantasmi di quel famigerato 3-0 / 3-3 mi sono passati davanti agli occhi in pochissimo tempo. Per fortuna che 
1) il basket non contempla il pareggio
2) mica è sempre Natale
il tempo necessario a darmi un pizzicotto per essere sicuro di non stare dormendo ed avendo un incubo dovuto al lauto pranzo della domenica, che la SBA era già avanti 82-77. Quel minibreak a firma De Bartolo sarà fondamentale, perché scaverà quel solco di due possessi di vantaggio che rimarrà tale fino alla sirena finale. Che vede il tabellone luminoso recitare "Arezzo 89 - Siena 85", bello come un dipinto di Leonardo, anzi, di Piero della Francesca. Arezzo vince e si conferma in zona play-off, Siena torna a casa scornata e per il momento deve dire addio alle ambizioni di secondo posto. Ci sarebbe spazio anche per qualche annotazione tecnica, soprattutto per dire che Arezzo ha vinto di cuore più che di testa e gambe, perché già la Virtus Siena è una squadra profonda, poi l'infortunio a Rodriguez sul +14 (portato al San Donato in ambulanza per una radiografia, speriamo nulla di serio) e i problemi di falli di Provenzal hanno costretto gli altri giocatori amaranto agli straordinari, togliendo quella lucidità sui due lati del campo che ha permesso a Siena di ricucire dal -15 al pareggio. Ma le annotazioni tecniche vanno e vengono, la realtà è che tra Arezzo e Siena non è mai un'amichevole, non è mai noioso, non è mai fiato sprecato. 



Luca Amorosi


Ancora mi giravano le scatole per il rinvio del derby contro il Siena di mercoledì scorso quando, rassegnato a trascorrere una domenica da coma senza Arezzo, mi arriva il messaggio di Roberto: “Ci sei oggi a vedere la SBA contro il Siena?”
Mi si illuminano gli occhi: il basket mi piace, anche se non ci capisco granché. In più è l’occasione per vederlo comunque, un derby contro il Siena, in questa strana settimana. Perciò, qualche minuto prima dell’inizio, esco di casa, tanto il palazzetto è a due minuti a piedi. Per un attimo mi sento come il tifoso di una squadra di uno dei tanti quartieri londinesi che scende in strada dalla sua casina coi mattoncini rossi, gira l’angolo e si ritrova magicamente davanti alla Main Stand dello stadio della squadra del cuore. Insomma, varco l’ingresso senza passare da alcun tornello (che bello), faccio il biglietto, altro rituale a cui non sono abituato, e mi siedo, cosa che in curva è inammissibile. I primi minuti mi servono, quindi, per ambientarmi: la curva ormai è come una seconda casa, lì sono a mio agio, in mezzo a facce che conosco e che conoscono la mia. Tra i seggiolini del palazzetto, invece, mi sento quasi un estraneo e forse anche un po’ in colpa perché non ci vado mai. Lo spaesamento, però, lascia ben presto spazio alle sensazioni del match, della palla a spicchi e di quelle stupende maglie bianche e amaranto con lo skyline della nostra città. Mi rendo presto conto che dei punti in comune ci sono pure, come il tamburo che batte il tempo, le proteste contro gli arbitri, i fischi e altri rumori di disturbo nei confronti degli avversari o i boati ai canestri aretini.
A proposito, la SBA per larghi tratti corre e segna tanto, va anche sul +15, poi cala nettamente fino a farsi raggiungere, ma trova la forza e il cuore di non mollare, torna avanti e trionfa tra il tripudio del Pala D’Agata. Ecco, mi è piaciuto soprattutto il cuore di quei ragazzi sul parquet: Roberto mi spiega che molti vengono dal settore giovanile e sono aretini. Si vede, credetemi: c’era quel “citto” con la maglia numero 34 che aveva una voglia di battere gli odiati rivali che lo portava via, si vedeva dalla gestualità, dalla grinta e da un’esultanza dopo un canestro che non è piaciuta a quelli della Virtus, ma a noi sì e parecchio. Ma è stato bello anche vedere un piccolo popolo appassionato di una squadra aretina di un altro sport che non sia il calcio, sentire scandire il nome di Arezzo che rimbomba nel chiuso di un palazzetto anziché disperdersi nel cielo del “Comunale”, elargire applausi a dei ragazzi che non calciano il pallone coi piedi ma lo palleggiano con le mani. Personalmente, è stato bello scoprire di poter esultare per una tripla che ti riporta avanti quanto per un gol o di alzare le braccia al cielo quando suona la sirena come quando arriva il triplice fischio: è finita, abbiamo vinto!
Già, è stato parecchio bello vincere. Perché battere il Siena, che aveva anche qualche sostenitore sparso tra la folla da poter sfottere, è sempre una goduria, che sia calcio, basket o curling. Io quindi ti ringrazio, Scuola Basket Arezzo, per avermi fatto vivere lo stesso un derby e averlo vinto. E che siate d’ispirazione quando l’undici amaranto affronterà quello bianconero, perché noi vogliamo un’altra vittoria!