venerdì 9 aprile 2021

Lo Zibaldone della volata salvezza

 


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Riprendendo una tradizione in voga nel mai abbastanza celebrato Amaranto Magazine, abbiamo preparato un mini Zibaldone di questo finale di stagione, tra il serio (parecchio) e il faceto (quanto basta). Quattro partite che decideranno le sorti del calcio amaranto, dalla A alla Z.

A come Azzurro. La scaramanzia nel calcio è fondamentale. Se funziona, per me possono giocare anche in pigiama.

B come Briscole. L'Arezzo è una squadra che non si è ancora calata nella mentalità della lotta salvezza. Assi non ne abbiamo, quindi in campo sarebbe bene rifilare un par de briscole ogni tanto.

C come Calendario. Via Pesaro, Legnago, Ravenna, Cesena. Ogni commento è superfluo.

D come Di Donato. Per le parole usate nei confronti di Arezzo, intesa come squadra, città, tifoseria, è il primo a cui dare un grosso dispiacere.

E come Estasi. Ce la meritiamo, dopo tanto tormento. Andiamo a prendercela.

F come Forbice. 9 punti di distacco dalla quintultima e non si fanno i playout. Andare a prendere l'Imolese è un bel casino, quindi guardiamo di fare almeno gli stessi punti di quelle davanti e di quella dietro.

G come Gol. Prima ne prendevamo troppi. Ora se ne segna troppo pochi. Ma una via de mezzo no eh?

H come Ho visto cose che voi umani. Ma davvero questa è la terza serie del calcio italiano?

I (doppia) come Inutile Ignavo. Quello che è rimasto a vivere a Firenze e che anziché il nuovo Robben è diventato il nuovo Quadrini. Se vuoi dare una mano, grazie, altrimenti come si dice ad Arezzo, "dai coglioni".

L come Leoni (da tastiera). Se avessi un euro per ogni volta che ho letto qualcuno sui social scrivere che sarebbe andato a cignare la squadra, avrei comprato l'Arezzo. Chi eventualmente cignerà, non avverte prima. Gli altri hanno parecchio tempo da impiegare male.

M come Matelica. I biancorossi sono al campionato del centenario, al loro primo anno in C, hanno preso 56 gol, peggio di loro solo Arezzo e Ravenna. Eppure sono settimi e possono anche chiudere quinti. Perché giocano senza paura e compensano con 55 gol segnati. Prendere nota.

N come No al calcio moderno. Un campionato come questo, giocato senza pubblico e solo per non fermare la macchina dei diritti TV, è più insensato che cercare gli assembramenti basandosi su quanto cibo da asporto uno ordina al ristoran... Vabbè, ci siamo capiti, sì?

O come Ottimismo. Non è un mistero: dopo 22 partite eravamo il peggior Arezzo di sempre, con un piede e mezzo in D. Ora almeno siamo padroni del nostro destino. Vi sembra poco? A me no.

P come Punte. Ce lo fate qualche gol, de qui e l'ultimo?

Q come Quattrini. Per una volta che non manca quelli, manca i risultati. Ma sarà possibile?

R come Rosa. Ampia. Troppo. Da sfoltire, va' a capire te come fare. Ma ce se penserà a tempo debito.

S come Stellone. Dai eh, anche te!

T come Terzino. Io me rifiuto de credere che a questa storia non ce sia rimedio.

U come Ultras. Vedi al punto N. Se il campionato è falsato, è ovviamente anche a causa dell'assenza del Dodicesimo.

V come Volontà. Se 'un ce la mettete tutta voi che andate in campo, noi che se guarda e se patisce se pòl fare poco. Patti chiari amicizia lunga.

Z come Zitti (e pedalare). Al 2 maggio manca parecchio poco, guardiamo de remare tutti nella stessa direzione, ivi compresi vedove inconsolabili, bubatori seriali, scienziati del calcio incompresi.

domenica 31 gennaio 2021

Rovinarsi la domenica, ma perché, per chi?

Io davvero vorrei che ci fosse un modo, un microchip di quelli che ti impiantano nel cervello nei film di fantascienza, sarei disposto a fare qualsiasi cosa pur di cancellare la sensazione che ti prende dopo una giornata del genere, come quando mi hanno chiesto “come hai fatto a farti fare le infiltrazioni, io non ce l’avrei mai fatta”: arrivi a un certo punto in cui sei disposto a farti fare qualsiasi cosa pur di cancellare il dolore. E io lo so che questo post potrebbe essere usato contro di me dalla fazione opposta, ne sono consapevole e accetto il rischio, permettendomi solo sommessamente di far presente che la vita è una ruota che gira e quindi se oggi siete su non significa che lo sarete per sempre. Però in qualche modo la devo buttare fuori questa cosa: oggi pomeriggio sono stato monosillabico, a cena ho mangiato giusto il minimo indispensabile, mi sa che mi farò pure una camomilla, non so se rendo l’idea della gravità della situazione. Perché vedete, io davvero avrei voluto nascere disinteressato al calcio, avrei voluto essere come quelli che alzano le spalle sghignazzando, inarcano il sopracciglio e ti guardano con supponenza perché “ma sarà che te la prendi così per una partita?” E invece sì, sono dalla parte della barricata che se la prende così, per una partita, sicuramente più di quanto non facciano tanti calciatori professionisti. E siccome l’universo intero è una questione di grandezze relative, per cui la Terra è un granello di polvere se confrontata con il Sole e il Sole è un granello di polvere se confrontato con altre stelle eccetera eccetera eccetera,

 il mio problema è stasera leggere la classifica del girone B di serie C, pagina 215 del televideo Rai


Perché questa pagina per me rappresenta la somma di tutto quello che può rovinarti la domenica, sportivamente parlando. In un anno di partite viste in diretta streaming, di presenze scaglionate (il derby di andata ce lo siamo visti in meno di 150 persone, se me lo avessero detto solo un anno prima non ci avrei mai creduto, e comunque abbiamo perso 1-0, e quel giorno ho giurato a me stesso che non avrei più messo piede in uno stadio in un contesto del genere), o come oggi in diretta in una tv locale, senza poter andare allo stadio covando l’illusoria speranza che un qualche mio grido dagli spalti avrebbe potuto evitare un marchiano errore difensivo, o facilitato il passaggio filtrante che avrebbe sbloccato la partita per i miei colori, non c’è niente di peggio che perdere un derby con un 3-0 secco e senza appello, senza poter recriminare nulla, vedendo la tua squadra del cuore prigioniera degli stessi errori che le hanno fatto accumulare la miseria di 10 punti in 21 partite, con una campagna acquisti permanentemente attiva, tra vecchie glorie, cavalli di ritorno, veterani della categoria e giovani che forse emergeranno ma più probabilmente no, tre allenatori, due direttori sportivi e chi più ne ha più ne metta, e per questo mio dolore che non è solo mio non c’è spazio nelle tv nazionali, dove si disserta sul fatto che dall’undicesimo posto in giù potrebbe retrocedere chiunque in serie B, su chi tra Juventus e Napoli abbia le maggiori probabilità di rientrare nella corsa per lo scudetto, su chi potrebbe sfilare lo scettro di campione d’Italia ai bianconeri, ché da quando è nato il mio primo figlio - che un giorno quando era all’asilo fece un disegno di Davide Moscardelli con la maglia della mia squadra del cuore ed io ero tutto gonfio di orgoglio - lo hanno sempre vinto loro, e mio figlio attualmente va in quarta elementare, e insomma sarebbe anche ora che.  

Arezzo-Perugia e spalti vuoti... WTF?

E il fatto in poche parole è che nel calcio a tutti i livelli si spacca il capello in quattro, ci si rivedono in TV o mentalmente le azioni un miliardo di volte (l’errore del centrale della mia squadra che ha propiziato l’1-0 dopo undici minuti tormenterà i miei sonni nei giorni a venire, lo so già), ma è sempre e comunque tutto relativo, importa più a chi lo segue che a chi lo gioca, è un gioco delle parti dove è tutto sbagliato, tutto sconclusionato come queste mie riflessioni, che magari quest’anno il Cagliari retrocede, ed è un campionato difficile e pieno di amarezze, quello dei rossoblù, e invece io penso che ci farei volentieri a cambio, col Cagliari, con tutto il pacchetto del Cagliari, dallo scudetto del 1970 alla semifinale di Coppa UEFA negli anni novanta, agli oltre 40 anni in serie A, e dico Cagliari ma potrei dire tante altre piazze analoghe, perché alla fine quando i miei perdono un derby 3-0 e per giunta lo fanno senza lottare mi sembra tutto ancora più sbagliato, mi sento nato sotto una cattiva stella, vorrei dimenticare tutto anche perché domani è lunedì mattina, c’è il lavoro, da portare il bambino a scuola e sperare che la sorellina dorma, il 3 febbraio saranno 13 anni che non vinciamo il derby, per fortuna tra un paio di settimane ho l’appuntamento con l’ortopedico per la prossima infiltrazione, magari passa tutto il dolore. Vado a farmi una camomilla, ne ho davvero bisogno.

Epilogo: mentre bolle l’acqua sul gas, faccio zapping in tv, su Canale 5 c’è l’ex portiere di Inter e nazionale – che quella sera di inizio luglio del 1990 mi fece piangere lacrime amare con quell’uscita a casaccio su Caniggia e coi rigori successivi, ospite di una trasmissione di Barbara D’Urso, sta dicendo qualcosa sul fatto che lui mai e poi mai andrebbe a spiattellare pubblicamente sui social le cose che riguardano il suo rapporto coi figli. E allora capisco: è tutto un brutto sogno, non c’è bisogno di farsi il sangue amaro, sono in una dimensione parallela, tra poche ore suonerà la sveglia e tornerò nel mondo reale. Se non mi sveglia prima il pianto di mia figlia, piccolina, ha appena cinque mesi, almeno lei tante cose se le è risparmiate.

giovedì 10 settembre 2020

97 volte in cui ti ho amato.


 10 settembre 1923 - 10 settembre 2020. Sono 97 anni, una bella età, e stavolta voglio festeggiarti così, mia amata US Arezzo.

1. Crocefisso Miglietta in sforbiciata la insacca sotto la nord, Arezzo-Perugia 1-0, tutti a casa alé.
2. 25 aprile 2004, Arezzo-Varese 0-0, una partita senza storia, una notte infinita.
3. 14 giugno 1998, Pistoia, Arezzo-Spezia 2-1. Serve aggiungere altro?
4. Erpen al 73esimo, Erpen al 78esimo, Arezzo-Siena 2-1. Era un 10 settembre, per la cronaca.
5. Martinetti a 10 dalla fine, Martinetti a 6 dalla fine. Juventus-Arezzo 2-2
6. Floro Flores che lascia sul posto Costacurta, si invola e la insacca sotto la curva Minghelli. Arezzo-Milan 1-0
7. Il sinistro che si insacca al sette di Stefano Rubechini per il momentaneo pari contro la Fortis Juventus. Qualcuno ci aveva sperato, ma l'Arezzo è ritornato.
8. Tutte le volte in cui ho visto su YouTube la rovesciata di Menchino Neri.
9. Moscardelli assiste, Cellini insacca sul primo palo. L'Arezzo espugna Carrara e la battaglia totale è vinta.
10. Tacco di Abbruscato, controllo e lob di Serafini. Reggiana-Arezzo 0-5.
11. Battistini di testa, Arezzo-Sansepolcro 1-0.
12. Scichilone insacca sotto la curva, Arezzo-Livorno 1-0. (Peccato per quello che ha fatto dopo Max)
13. Matute all'89esimo, Arezzo-Sorrento 6-5.
14. Bazzani 1, 2, 3, 4. Arezzo-Giulianova 6-4.
15. Facchini e Ugolotti nel diluvio del Curi.
16. La punizione di De Stefanis contro la Lazio e gli 89 minuti di catenaccio.
17. Il gol di Allievi, pochi mesi dopo, l'Arezzo che espugna Roma due volte in un anno solare (1987).
18. La rete di Bracciali a Tolentino.
19. 12 maggio 2001, SuperMario Frick ne segna tre al Cesena.
20. Pagotto che ne para due nella nebbia di Lumezzane.
21. Spinesi, Lorenzi, Abbruscato. 3-1 al Catania, l'Arezzo è tornato in B dopo 16 anni e gioca la più bella partita che io ricordi.
22. Tremolada stop con sombrero, controllo, tiro a giro al sette contro il Santarcangelo.
23. Moscardelli a Prato, non credo serva aggiungere altro.
24. La rete di Carteri a Taranto, ovviamente per le conseguenze che ne sono derivate.
25. Massara, Recchi, Zampagna, Rinino, Arezzo-Livorno 4-3.
26. Tardioli, Di Loreto, Ottolina, Bacci, Martinetti, Di Sauro, Rinino, Caracciolo, Bazzani, Antonioli, Tarana. "La squadra dei sogni" (cit. Serse Cosmi)
27. Lo striscione che mi hanno regalato quando è nato Alessandro. Quello esposto nel viale dello stadio quando è venuto a mancare mio padre. Qualcuno ha detto che nel calcio non ci sono più valori?
28. Samuele Sereni che esce dal campo a Perugia saltellando mentre il settore ospiti cantava "chi non salta è un perugino"
29. Pilleddu che segna, corre sotto la tribuna per dedicare il gol a Graziani e prende a calci il megafono dello stadio.
30. La conferenza stampa di Massimo Pavanel. Insegnare a molti cosa vuol dire essere un Uomo.
31. Serse Cosmi che dà un pugno al plexiglass della panchina.
32. La sforbiciata di Pelagatti sotto il settore ospiti a Viterbo.
33. Andare in 3000 a Cesena di lunedì sera e strotolare il gigantesco striscione per...
34. ...Lauro Minghelli. La tua faccia sorridente mentre posi con la maglia amaranto sarà sempre nel mio cuore.
35. Antonini e Floro Flores, Torino-Arezzo 1-2.
36. Quello che venne cacciato dalla sala stampa.
38. L'esultanza di Falomi dopo il gol del 2-0 al Lanciano.
39. La punizione di Renato Rafael Bondi che ammutolì il San Paolo.
40. La prima volta che ho visto giocare Manuel Pasqual con l'Arezzo e l'ultima volta. Mai visto un giocatore migliorare così tanto in pochi anni.
41. Poter scrivere di Arezzo Calcio su Amaranto Magazine. Sarò sempre debitore ad Andrea Avato per questo.
42. La sassata di Grossi a Pistoia.
43. Emiliano Testini, per una stagione intera l'ultimo ad arrendersi.
44. Il primo gol di Matteo Brunori Sandri ad Alessandria. 
45. Il secondo gol di Matteo Brunori Sandri ad Alessandria.
46. Alzare le sciarpe, cantare "ricordo quand'ero fanciullo..."
47. L'opportunismo di Max Benfari, secondo solo a quello di Pippo Inzaghi.
48. Il gol di Bacci contro l'Ancona, cullare per tre minuti il sogno di andare in B con Serse Cosmi.
49. Gionatha Spinesi.
50. La pistola giocattolo di Mario Raso e le procure che hanno tempo da perdere.
51. Cutolo in contropiede contro la Pro Vercelli che la chiude sotto la Minghelli. Il mio articolo forse più bello per Amaranto Magazine.
52. Volpato di testa nel recupero che sigilla il 2-2 dell'Arezzo a Napoli.
53. Sanguinetti, Iacona, poi un tempo di sofferenza. La prima vittoria dell'Atletico Arezzo.
54. Arezzo-Reggiana 1-0. Il diluvio, il rigore di Gelsi, lo striscione più bello di tutti: NESSUNA TELEVISIONE POTRA' MAI REGALARVI QUESTA EMOZIONE.
55. La maglia amaranto con due bande verticali bianche, la più bella di sempre.
56. La trasferta a Piacenza con porchetta annessa nel bagagliaio.
57. La vittoria a Chianciano in amichevole contro il Siena, noi in C2 loro in A, e Generoso Rossi che perde la testa.
58. La rovesciata di Baclet contro la Pistoiese sotto la curva Sud.
59. Moscardelli da fuori, Pisa-Arezzo 1-3. l'Arezzo vince a Pisa per 3-2, come quella volta che...
60. ...Di Loreto, Spinelli, Cipolli. Pisa-Arezzo 2-3. Siamo a maggio del 1998 e io sento che niente potrà fermare gli amaranto.
61. La tripletta di Rinino per il 5-0 al Marsala.
62. Sergio Sabatino.
63. Ponte San Giovanni, gennaio 2011. Chi c'era sa.
64. Tardioli, Pagotto, Bressan, Pellicanò. Difficile dire chi sia il mio preferito tra i pali, di sicuro uno di questi quattro.
65. Il gol di De Zerbi contro il Perugia, peccato sia stato inutile.
66. Il grandioso lavoro di Orgoglio Amaranto, modello per molti.
67. I commenti su Amaranto Magazine, quelli buoni e quelli cattivi. Si impara sempre, da tutto.
68. La rabona di Bezziccheri mentre l'Arezzo stabiliva il record negativo di sconfitte casalinghe consecutive. per la serie "ai confini della realtà" (episodio 1)
69. La coreografia per Minghelli dello scorso anno. "LAURO: LA CURVA CHE PORTA IL TUO NOME OGGI SI COLORA PER TE".
70. Gli anni del Mancini, che alcuni rimpiangono: ci hanno formati come tifosi pronti a tutto, e sono finiti ingloriosamente.
71. Salim Cissè e Horacio Martinez, figli di un dio minore.
72. Le 302 volte di Stefano Butti in amaranto.
73. Quella volta in cui in una stagione abbiamo avuto due allenatori che poi hanno entrambi vinto uno scudetto allenando la Juventus.
74. "...E io lo so, perché non resto a casa..."
75. La Coppa Italia Semiprofessionisti 1980 e la Supercoppa di Serie C 2004.
76. Antonino Bonvissuto.
77. Il nostro essere "botoli ringhiosi", che da sempre e per sempre ci contraddistinguerà nel bene e nel male. Dal gridare "càvelo" al primo stop sbagliato da un giocatore, al non saper rinunciare del tutto all'ironia neanche quando si contesta. Il popolo amaranto, però, ha molto più amore da dare di quanto si pensi.
78. Il doppio giallo di Quadrini per doppia simulazione: per la serie "ai confini della realtà" (episodio 2)
79. Reggina-Arezzo 0-2, reti di Giangeri e Tarquini. La prima partita dell'Arezzo dopo che sono nato.
80. Stappare un Borghetti in curva.
81. Stappare un altro Borghetti in curva.
82. "Speriamo non ci veda Brunetta."
83. Mariani e Panariello che in due minuti la ribaltano col Monza nel finale.
84. Calciopoli, dove ancora aspettiamo spiegazioni sul perché ci abbiano scippato la permanenza in serie B.
85. Andrea Gentile a cinque dalla fine segna in tap-in, l'Arezzo batte l'Hellas Verona in una delle partite più tirate che io abbia mai visto.
86. "Non importa se soffrirò per te".
87. Simone Martinetti.
88. I gol dell'ex, presi praticamente da tutti, incluso Pinamonte. "Ciò che non ci sbrega ci rende mega." (cit.)
89. Quella volta in cui un presidente dell'Arezzo accusò me ed alcuni altri di "accanimento" contro la maglia amaranto. Eh?
90. 8 gennaio 1984, dai racconti di chi c'era, sentiti fin da bambino. Gol di Pagliari per il grifo, pari di Traini al minuto 90.
91. Serafini in mischia, Pistoiese-Arezzo 1-2 al 91esimo. Cinque partite, 15 punti, e allora ci si crede per davvero!
92. Vincenzo Chianese, ma l'ho capito solo dopo.
93. Andrea Ranocchia a Crotone, autorete e gol del pari.
94. La telecronaca di Andrea S. del secondo tempo di Carrarese-Arezzo 0-3. Quella originale, però, non quella che gli fecero rifare il giorno dopo.
95. Incontrare gli angeli dalla faccia sporca, giocarci contro, farsi dare una lezione di calcio a dispetto dell'età.
96. Le 163 presenze in maglia amaranto di Andrea Bricca, vecchio cuore amaranto più di tanti altri.
97. Ogni volta che la Sud intona "Quando c'è allo stadio la partita, l'aretino scorda il Saracino..."



sabato 29 agosto 2020

Moscardelli è Supersonic


Il segno inesorabile degli anni passano, e del fatto che io stia invecchiando, è quando un giocatore che hai avuto la fortuna di vedere e apprezzare dagli spalti appende le scarpette al chiodo. Ecco, il ritiro dal calcio giocato di Davide Moscardelli mi lascia il sapore del tempo che sfugge via dalle mani come tanti granelli di sabbia anche se, a onor del vero, dalle nostre parti ci era arrivato già con qualche annetto sulle spalle, tanto che qualcuno si chiedeva se fosse venuto a svernare. Dopo due stagioni in cui è successo di tutto, abbiamo potuto dirlo forte e chiaro: il “Mosca” era venuto a giocare, con la testa giusta e una condizione fisica invidiabile. E con la sua classe infinita, fuori categoria.

Onestamente, da quando seguo l’Arezzo (una militanza quasi maggiorenne, ormai) sono pochi i giocatori che mi hanno fatto emozionare come lui: lo inserisco senza dubbio nell’olimpo della pura esaltazione insieme a pochi altri eletti: mi vengono in mente, senza pensarci troppo, Abbruscato, Floro Flores, Tremolada, forse Erpen per certe sue giocate. “Moscagol”, insomma, rientra nella categoria dei giocatori che scaldano il cuore anche solo con la presenza fisica, con quella barba iconica e quel portamento in campo che trasuda estro e personalità da tutti i pori. E che si creano uno spazio tutto loro nei cassetti della memoria con giocate e gol da fuoriclasse.

Ho provato a riaprirli, questi cassetti, condensando i miei cinque momenti più belli firmati Moscardelli in amaranto. E visto che oggi ricorre l’anniversario dell’uscita di Definitely Maybe, l’album di debutto degli Oasis che ho consumato per quante volte l’ho ascoltato, ho pensato di accompagnare a ciascun ricordo una traccia che meglio potrebbe suonare in sottofondo mentre riviviamo, con la pelle d’oca, le sue prodezze.

5. L’amara doppietta a Cremona - Columbia

Sappiamo bene come andò a finire quella partita, eppure, forse per una perversione masochistica, “mi piace” sempre ricordarla per far capire alla gente cosa voglia dire tifare Arezzo… In casa dei grigiorossi vedemmo i primi sprazzi del vero Moscardelli dopo un fisiologico periodo di ambientamento all’inizio di quella stagione, con Sottili alla guida e ambizioni di alta classifica. Due gol nei primi venti minuti di gioco, prima con uno stacco imperioso di testa, poi con un delizioso tocco sotto col portiere in uscita. Zero a due e partita in pieno controllo fino a una decina di minuti dalla fine, quando successe l’imponderabile. Chissà cosa sarebbe accaduto se avessimo vinto in casa della squadra che poi avrebbe vinto il campionato… Una domanda destinata, purtroppo, a rimanere senza risposta.

I can’t tell you the way I feel

Because the way I feel is (oh) so new to me


4. La magia contro il Livorno – Slide Away

11 marzo 2017. Quello con il Livorno, oltre a essere un derby sentito e tutto a tinte amaranto, era anche uno scontro diretto per cuori forti. Al Comunale la partita è bloccatissima e serve tirare fuori il coniglio dal cilindro per spostare le sorti del match da una parte o dall’altra. Improvvisamente, il mago Moscardelli decide di rispondere all’appello: riceve palla poco oltre la metà campo, se la porta avanti, poi tunnel a un avversario in corsa e prodezza balistica da più di trenta metri che finisce all’incrocio. “Slide” in inglese significa scorrere, scivolare e il movimento di re Davide in quell’occasione, infatti, è fluido, quasi pattina sul campo, in modo elegante e sinuoso. Dalla curva qualche secondo per capire cosa fosse successo, poi l’esultanza e di nuovo le mani nei capelli: “Ma cosa ha combinato?”


3. L’assist per Cellini – Live Forever

Qui la rete non la gonfia lui, ma poco ci manca. Siamo al fatidico 5 maggio 2018 e a Carrara l’Arezzo si gioca la possibilità di salvarsi miracolosamente senza passare dai playout nonostante i quindici punti di penalizzazione sul groppone. La notizia del Siena che sta vincendo a Prato tranquillizza un po’: basta anche lo 0 a 0 che si sta consumando in campo, ma per rendere leggendaria la “battaglia totale” serve un ultimissimo guizzo. Ecco allora che il Mosca va a inseguire un lancio che sembra lunghissimo, beffa il difensore gialloazzurro sulla linea di fondo e appoggia per Cellini, pronto a schiaffarla in rete e a far partire l’apoteosi. Di Moscagol rimane la voglia di andare a inseguire un pallone che sembra perso, a 38 anni, all’ultimo minuto dell’ultima giornata di campionato, dopo mesi a inseguire una chimera, giocando ogni tre giorni. Ciò che differenzia un buon giocatore da un campione, in un momento che vivrà per sempre.

We see things they’ll never see 

You and I are gonna live forever



2. I due graffi d’autore a Pisa – Bring it on down

Uno dei ricordi più belli che ho di una trasferta, oltre a quella di cui sopra, è quella del 10 dicembre 2017 contro la corazzata Pisa. All’Arena Garibaldi diluvia così come piove sull’Arezzo, che già mostrava i segni di cedimento societari che deflagreranno nel fallimento e nell’esercizio provvisorio. In panchina, però, il generale Pavanel ha già le redini del gruppo e in campo si vede eccome. Il primo gol è frutto di un pasticcio della difesa nerazzurra, complice il campo ai limiti dell’impraticabilità: col portiere fuori porta, Moscardelli tira da posizione siderale, riuscendo a depositare il pallone in rete nonostante le ampie pozzanghere in prossimità della linea di porta. Dopo lo 0 a 2 di Foglia, che mi convince a gettare via l’ombrello per poter esultare come si deve, e il gol pisano che accorcia le distanze, ecco ancora il Mosca a raggelare il pubblico di casa con uno splendido sinistro di prima intenzione dal limite dell’area. Estasi pura, con l’Arezzo che sbanca l’Arena dopo 19 anni. Il Mosca ha abbattuto il Pisa, mentre dietro risuona la canzone più rock dell’album.

I’ll be scraping their lives

from the sole of my shoe, tonight



1. La rovesciata di Prato - Supersonic

Solo Moscardelli poteva permettersi di scomodare il mito di Menchino Neri e della rovesciata dei sogni, e basterebbe solo questo per evidenziare quanto il bomber con la barba abbia inciso nell’immaginario del calcio aretino contemporaneo. Torniamo alla stagione 2016/17 e precisamente al 7 dicembre 2016: in casa di un non certo irresistibile Prato, l’Arezzo sta giocando male e perdendo 1 a 0. Un cross di Grossi dalla sinistra sembra davvero troppo alto per chiunque, ma non per il Mosca, che si avvita e dà sfoggio della sua giocata migliore, la rovesciata: elevazione incredibile e impatto perfetto col pallone, che si infila al sette. È il favoloso gol del pari che, anche psicologicamente, abbatte il Prato ed esalta gli amaranto. Dal settore ospiti, anche stavolta, un attimo di incredulità, lo sguardo nel vuoto e le mani nei capelli, poi la consapevolezza di aver assistito a un gol inimmaginabile e la discesa sfrenata verso la balaustra. Ah, Moscardelli poi avrebbe segnato anche il secondo gol: partita ribaltata, tre punti in saccoccia e un gol supersonico.

I need to be myself

I can’t be no one else


(Quasi) tutti i gol di Moscardelli con l'Arezzo (Amaranto Magazine)

P.s. Due righe, infine, le voglio dedicare al mio amico Roberto, che gestisce questo blog e mi permette di metterci il naso, per la nascita della figlia Emma. Per lui la canzone del disco non può che essere, quindi, Married with Children, l’ultima, la più docile: “Goodbye, I’m going home”. Auguri Rob!




venerdì 17 luglio 2020

Chiudete il bandone. [È anche colpa mia.]


Ho sofferto come si soffre da adolescenti nel 1993, avevo 14 anni e la squadra di calcio della mia città veniva radiata a campionato in corso, anzi, per la precisione a sette giornate dalla fine, e dopo settant'anni di storia la città dava l'addio alla gloriosa U.S. Arezzo. Mi sono incazzato come una bestia nel 2010, quando fu la volta dell'A.C. Arezzo, fondato da Graziani e fatto svanire come un ghiacciolo a luglio da Mancini. Ho cercato, per quanto possibile, di dare una mano per trovare qualche soldo per l'esercizio provvisorio quando il 15 marzo del 2018 l'U.S. Arezzo è morto per la seconda volta. Se esistesse una giustizia sportiva, il calcio si farebbe solo coi soldi che si hanno in tasca e non con quelli dei soci che forse un giorno arriveranno o forse no, i bilanci si farebbero con le entrate e le uscite e non con le plusvalenze reali o presunte, gli introiti deriverebbero da sponsor, vendita di biglietti in stadi degni di essere chiamati tali, eventuali diritti TV e vendita di merchandising, stop. Se esistesse un dio del calcio, alla greppia del calcio non ci sarebbero a mangiare oscuri faccendieri, procuratori, direttori sportivi, intermediari, broker, federazioni calcistiche nazionali, regionali, provinciali, dipendenti della FIGC, della Lega Calcio, una lega calcio per ogni categoria del calcio italiano, ogni lega un presidente, un vicepresidente, dirigenti e via incaricando. Se esistesse una giustizia amministrativa, a settembre inizierebbero i campionati dopo che tutte le squadre hanno presentato bilanci in ordine, rose adeguate, pagato una tassa d'iscrizione ragionevole, senza pendenze giudiziarie, iscrizioni da verificare, fidejussioni farlocche, punti di penalizzazione, giocatori che devono ancora riscuotere stipendi dell'anno precedente, campagne abbonamenti a prezzi sostenibili, bilanci trasparenti, strutture all'altezza. Se esistesse una giustizia nell'informazione, da settembre a maggio giornali e siti di informazione parlerebbero di calcio giocato, da giugno a luglio di calciomercato e ad agosto di amichevoli e trofei sponsorizzati da note marche di birra; quello che accade nei letti dei calciatori non sarebbe oggetto di prime pagine, o almeno non lo sarebbe nei media sportivi, non ci sarebbe bisogno di titoli con doppi sensi agghiaccianti, rubriche dedicate a gossip, scommesse, fotogallery pruriginose, scoop sulla vita privata, solo per un pugno di clic in più. Se esistesse una giustizia in generale, oggi che siamo a 17 luglio io sarei qui a sfogliare un quotidiano sportivo o ad aprire un sito internet per vedere quali giocatori comprerà l'Arezzo, quali partiranno e quali saranno confermati, magari ragionando su possibili formazioni e moduli, mandando messaggi whatsapp a gruppi di amici più o meno nutriti in cui dirsi che secondo me manca un terzino destro, un centrocampista di interdizione, una seconda punta, un regista arretrato, un secondo portiere. 




E invece sono qui, il 17 luglio 2020, col cuore in gola per la sorte dell'Arezzo calcio per la quarta volta in meno di trent'anni, e sapete che c'è? Non sono neanche arrabbiato, e proprio questa è la cosa peggiore. Sono solo tanto stanco e nauseato, e allora forse è davvero anche colpa mia che non mi sono opposto in tempo, che nel mio piccolo ho permesso che succedesse di nuovo, che arrivassimo di nuovo alle porte coi sassi, che si speri ancora una volta in un salvatore venuto da fuori, o in un aretino che improvvisamente viene folgorato sulla via di Damasco e si scopre innamorato della squadra della sua città, o nella divina provvidenza, in questo caos in cui si salvano solo i tifosi e orgoglio amaranto e tutto il resto è bruciore di stomaco o sospetto o parole vane o doppi sensi che non posso o non voglio cogliere, e quella che dovrebbe essere l'anomalia è diventata la normalità, l'eccezione è diventata la regola, qualcuno mi dica se tutto questo è normale. Se esistesse una giustizia, ma tanto non esiste, e quindi vaffanculo, smetto di leggere tutto, staccateci la spina perché almeno è la fine più dignitosa, svegliatemi quando ricominciano i campionati, quando dagli altoparlanti dello stadio risuonerà ancora una volta la canzone amaranto.

Playlist di questo pezzo, e in un certo senso anche dell'estate

Lo Stato Sociale - Mi sono rotto...
The Zen Circus - Andate tutti affanculo
Francesco Guccini - L'avvelenata
Fabrizio De Andrè - Canzone del maggio
Mansun - Closed for business
Pupo - Canzone amaranto

martedì 7 luglio 2020

È colpa mia

I Ministri attaccherebbero con “I Soldi sono finiti”, i Verdena proseguirebbero con “Trovami un modo semplice per uscirne” e il fu Teatro degli Orrori concluderebbe con la malinconica “È colpa mia”. Ecco, la playlist dell’ennesimo baratro amaranto è servita. La colpa di cui sopra è quella che, indegnamente, i burattinai vorrebbero affibbiare ai tifosi, “rei” di aver attaccato uno striscione che “ricordava” al Presidente che, in quanto tale, dalle sue decisioni dipende il futuro del Cavallino: “Vivere o Morire”, canterebbe Motta in un ipotetico bis, bonus track del nostro tormento.
Ora, che una scelta così critica possa essere presa come conseguenza di un pezzo di carta di qualche metro con due righe scritte col pennarello indelebile è una tesi che non regge, anche se La Cava, in questo paio d’anni, qualche reazione a caldo un po’ infantile efrancamente evitabile ce l’ha avuta. L’ovvia verità, semmai, è che chi ha voglia di togliersi di dosso una bella gatta da pelare e che, chissà, ha deciso da mesi di mollare si attaccherebbe a qualsiasi cosa pur di avere un pretesto per farlo. E infatti eccoci qua, palla presa al balzo (che è una forzatura perché manco rimbalzava ‘sto pallone) e destino quanto mai incerto, a poche ore da una prima data esiziale, il famigerato 10 luglio, per l’iscrizione al prossimo campionato.
Già, il prossimo campionato. Questa stagione l’abbiamo terminata in anticipo scegliendo di non disputare i playoff, decisione anche legittima se fosse stata finalizzata a concentrare soldi e programmi sulla prossima. Peccato che l’unica cosa che pare abbiano programmato nel dettaglio è il teatrino assurdo a cui abbiamo assistito fino ad ora, rimpallati tra la trattativa con Stanzione, saltata guarda caso poche ore dopo il passo indietro di La Cava e le sue dichiarazioni deliranti, e la fantomatica pista parallela di Pieroni di cui nessuno, forse nemmeno il grande vate jesino, sa nulla.
Come è stato scritto anche su Amaranto Magazine, i tifosi sono buoni e cari quando applaudono le passerelle sotto la Sud, alla lunga diventate pure un po’ stucchevoli, ma sono sporchi e cattivi quando muovono qualche critica. Sono da “lisciare” quando devono pagare biglietti e abbonamenti, però poi bastonate nel groppone se esternano qualche dubbio sulla gestione societaria o se vogliono sapere di che morte dovremo morire, ancora una volta. Ma come si permettono? Guai, zitti e muti, ché i soldi li mettono i timonieri, come se il tifoso invece andasse allo stadio gratis o in trasferta col teletrasporto o non avesse fatto la sua parte e molto di più appena due anni or sono per salvare la baracca.
A proposito, proprio di quei tempi, freschi di un vero e proprio disastro gestionale che aveva portato al fallimento e all’esercizio provvisorio, La Cava annunciò di volere una società “normale”. Giubilo: lo volevano tutti, dopo quello che avevamo passato. Parole al vento, però, dato che ad oggi abbiamo di nuovo gli stessi passivi da ripianare, sul settore giovanile non c’è uno straccio di progetto concreto e anche l’aretino in società, elemento di novità gradito, un po’ per il sostegno economico e un po’ perché forse, anche inconsciamente, rappresentava una sorta di garanzia, è stato ben presto accompagnato alla porta, quando invece l’avviso ai naviganti era sempre stato quello di necessitare rinforzi per portare avanti il progetto. Però oh, la colpa è dei tifosi. È stato fatto di nuovo il passo più lungo della gamba, sono state fatte operazioni di mercato, nell'ultima stagione, oserei dire cervellotiche, è stato sbandierato un progetto triennale ambizioso per poi, due anni dopo, cercare la prima scusa possibile per scappare. Però oh, la colpa è dei tifosi. “Sì sì, no, mo’ me lo segno proprio”: non ci resta che piangere, davvero.

È colpa mia
se siamo diventati indifferenti
per piccoli egoismi e altrettante bugie
e nessuna spiegazione”



venerdì 8 maggio 2020

Lettera a Massimo Pavanel

Caro Massimo,
Mentre noi tifosi amaranto stavamo ricordando il nostro 5 maggio di due anni fa con foto e video, o semplicemente riaprendo i ricordi che ognuno di noi ha di quel giorno speciale e di quell'incredibile lieto fine, tu vivevi forse uno dei momenti più tristi della tua vita. Lo abbiamo saputo di sera: io, personalmente, tramite il commento di un amico di Facebook a un post che riguardava proprio quella partita a Carrara. Il nostro 5 maggio era già stato un po’ macchiato dal comunicato dei nostri calciatori, che chiedono al presidente La Cava garanzie sul prossimo futuro che forse nessuno, a oggi, può dare loro, ma la notizia della tua perdita ce lo ha proprio devastato, cancellando in un attimo i fotogrammi di Cellini che la insacca, della vostra corsa liberatoria sotto il settore, di noi tifosi che impazziamo, del sudore e delle lacrime. Sono incredibili, a volte, gli incroci del destino: una data che sembra avvolta dalla magia si trasforma improvvisamente in un momento di tristezza e di cordoglio. Siamo sconvolti, rattristati, desolati.

Ma se c’è una cosa che ci hai insegnato, caro Generale, è non mollare, non darsi mai per vinti, non farsi sopraffare dalle avversità o dalla rassegnazione, non lasciarsi abbattere. In quella maledetta stagione ci hai dato lezioni di vita ogni giorno, come un padre che educa un figlio fino a farlo camminare con le proprie gambe, sorreggendolo, motivandolo e anche sgridandolo, se serve: è memorabile quella conferenza stampa dove dicesti che eravamo tutti colpevoli di aver fatto entrare dei banditi nella nostra casa, ma che dovevamo farci valere e tenerci stretta la nostra squadra e la nostra appartenenza e che avremmo fatto di tutto per continuare a “sentire l'acqua sopra la testa, la neve sulla bocca, l'odore dell'erba tagliata”.


Hai mostrato umiltà, comprensione, competenza, ma anche una grinta e una determinazione incalcolabili. Hai convinto un gruppo di calciatori allo sbando, non pagati e vessati da promesse non mantenute a vestire i panni degli eroi, a mettere in campo, incanalando ogni energia nella maniera giusta, tutta la rabbia e il senso di ingiustizia che provavano fuori. Sei stato il protagonista di un’impresa, la “battaglia totale”, su cui noi tifosi abbiamo scommesso mettendo soldi e passione, ma il cui traguardo, almeno all'inizio, sembrava lontanissimo.
Ecco perché siamo sicuri che caricherai te stesso e la tua famiglia sulle spalle e ripartirai, più forte di prima. Noi non dimentichiamo la tua esultanza sotto il diluvio di Pisa, tuttora una delle trasferte più belle che io ricordi. Non dimentichiamo quando dichiarasti guerra a tutte le squadre che avremmo affrontato dall'inizio dell’esercizio provvisorio in avanti: non erano semplici parole, facemmo davvero la guerra a tutti. Ricordiamo Pontedera, quando doveva finire tutto, tu a testa alta a salutarci. Ricordiamo le vittorie nei derby: Livorno, Siena, Pisa, tutte sconfitte, una dopo l’altra. Eccola, l’appartenenza: ce l’hai ridata tu, veneto ma più aretino di alcuni nostri concittadini, in quei mesi tragici. Ricordo la festa indescrivibile nel piazzale dello stadio al ritorno da Carrara e ricordo, per modo di dire, la festa in piazza Grande, quando, ubriaco di gioia ma non solo, ti abbracciai e ti implorai di restare. Non sei rimasto, ma questo non ha minimamente scalfito la stima e la gratitudine nei tuoi confronti. Cosa si può dire a un uomo così: una persona di questo spessore umano supererà anche questa, non può essere altrimenti, non c’è neanche bisogno di dirlo.



L’unico bisogno, quasi fisico, inderogabile, che sentivo è di dirti che Arezzo ti è vicina.
Un abbraccio, Generale

Luca Amorosi

mercoledì 18 marzo 2020

Fare calcio, fare informazione, ai tempi del #Covid-19

Caro presidente La Cava,
ho aspettato 24 ore prima di pubblicare questo post, mi sono detto "aspetta, magari ti passa". Non è passata, allora lo metto oggi. Facciamo conto che questo post sia in primo luogo uno sfogo personale, in secondo una lettera aperta. Ho letto le dichiarazioni da lei rilasciate al Corriere di Arezzo in edicola ieri, nonché qualche commento che è stato postato con un account che porta il suo nome, in risposta a commenti di altri utenti, su siti che fanno informazione sull'S.S. Arezzo Calcio.

foto dal sito www.comune.arezzo.it

Bene, sa qual è la sola cosa che mi sento di dirle?

Faccia un po' come le pare, presidente.

Faccia un po' come le pare perché in questi tempi complessi, di quello che lei intende legittimamente fare dell'Arezzo Calcio è uno degli ultimi dei problemi, non tanto miei quanto del mondo in generale. Ecco, forse il punto è proprio questo: guardare le cose in una prospettiva più ampia. Se lei si sente di lasciare l'Arezzo in questo momento, faccia, quella è la porta. Ripartiremo dai dilettanti come ci è già successo, io pagherò l'abbonamento come ho sempre fatto, per ragioni anagrafiche posso dire "dai tempi di Graziani presidente". Mi permetta di dirle che però, in quanto a empatia, ecco, deve lavorarci un po', perché se il suo livello attuale è così basso da far sì che lei si senta in dovere di chiamare una redazione di un quotidiano, in un momento di piena emergenza nazionale, per dire ai quattro venti cosa intende fare della squadra di calcio della città, ecco, così a naso le dico che non ci siamo. Non ci siamo proprio.

Dovremmo farle un applauso per aver pagato gli stipendi ai giocatori? O magari devo anche sprecare più di un rigo nel ricordarle che ha dato loro solo quanto gli spettava? No, perché allora a questo punto direi che dovremmo fare un applauso ancor più grande a tutti gli imprenditori d'Italia che il 10 di marzo hanno fatto partire i bonifici verso i propri dipendenti, senza nessuna sicurezza né sul SE né sul QUANDO la loro attività imprenditoriale potrà ripartire. Quindi se mi permette, un applauso vorrei rivolgerlo anche all'azienda per la quale lavoro, prima ancora che a lei. Già, perché il punto che deve esserle chiaro è che io l'Arezzo lo amo, ma l'Arezzo non dà da mangiare né a me né alla mia famiglia, e questo mi permette una certa indipendenza di giudizio e libertà di parola che ad altri, forse, non è data.

Vede presidente, forse è il caso di ricordarglielo: nessun medico l'ha obbligata con un TSO a investire i suoi soldi nell'Arezzo. E quindi, al netto della gratitudine che le è dovuta per aver mantenuto il calcio professionistico ad Arezzo nell'ora più buia, è forse il caso di ricordarle che i tifosi (in quanto paganti) e i giornalisti (in quanto operatori indipendenti dell'informazione) hanno tutto il sacrosanto diritto di esprimere la propria opinione sull'andamento di una stagione che veniva dopo quella delle semifinali playoff perse contro il Pisa dopo aver visto il più bel gioco espresso ad Arezzo da svariati anni (altra cosa di cui personalmente le sono grato), e che era stata da voi presentata come quella in cui l'asticella si sarebbe ulteriormente alzata.

Mi fermo qui. Tutta Arezzo, tutta l'Italia, tutto il mondo hanno cose più importanti a cui pensare, oggi, che un presidente permaloso che pensa, non essendo né il primo né l'ultimo, che tutto il mondo giri intorno al suo ombelico. A posto così, ok? Anzi, glielo ripeto ancora una volta: faccia un po' come le pare, presidente. Arrivederci e grazie.

domenica 1 marzo 2020

Arezzo-Siena: serve aggiungere altro?



Roberto Gennari


Da una parte la squadra senese che naviga nelle prime posizioni della classifica, che vincendo in terra aretina metterebbe il secondo posto nel mirino. Dall'altra la compagine amaranto, in piena lotta per un posto nei playoff e decisissima a regalare una gioia ai propri sostenitori. Questa partita in tanti la aspettavano per mercoledì sera, ma le passioni sportive al tempo del Coronavirus possono subire rallentamenti, spostamenti, deviazioni impreviste. Chi mi conosce sa della mia passione per la palla a spicchi, quindi immaginatevi cosa può essere una partita del genere per me.
Partiamo da un fatto: Arezzo-Siena non è mai davvero un'amichevole, sin dai tempi delle Giostre del Toppo - ma con ogni probabilità neanche da prima, in nessun contesto, in nessuno sport. 
Secondo fatto: per una sfida Arezzo-Siena in programma per mercoledì sera sul rettangolo verde dello stadio "Città di Arezzo", che non si è giocata per motivi tristemente noti, ce n'era un'altra in programma per oggi pomeriggio, alle 18:15, sul rettangolo di parquet del Palazzetto "Mario D'Agata", a tutti meglio noto come Le Caselle. Ed è stata una sfida avvincente, bellissima ed emozionante, oh se lo è stata. Adesso che è finita, posso dirlo: quando, dopo essere stati avanti per lunghi tratti di partita, gli amaranto si sono fatti raggiungere sul 77-77 nella seconda metà del terzo quarto, i fantasmi di quel famigerato 3-0 / 3-3 mi sono passati davanti agli occhi in pochissimo tempo. Per fortuna che 
1) il basket non contempla il pareggio
2) mica è sempre Natale
il tempo necessario a darmi un pizzicotto per essere sicuro di non stare dormendo ed avendo un incubo dovuto al lauto pranzo della domenica, che la SBA era già avanti 82-77. Quel minibreak a firma De Bartolo sarà fondamentale, perché scaverà quel solco di due possessi di vantaggio che rimarrà tale fino alla sirena finale. Che vede il tabellone luminoso recitare "Arezzo 89 - Siena 85", bello come un dipinto di Leonardo, anzi, di Piero della Francesca. Arezzo vince e si conferma in zona play-off, Siena torna a casa scornata e per il momento deve dire addio alle ambizioni di secondo posto. Ci sarebbe spazio anche per qualche annotazione tecnica, soprattutto per dire che Arezzo ha vinto di cuore più che di testa e gambe, perché già la Virtus Siena è una squadra profonda, poi l'infortunio a Rodriguez sul +14 (portato al San Donato in ambulanza per una radiografia, speriamo nulla di serio) e i problemi di falli di Provenzal hanno costretto gli altri giocatori amaranto agli straordinari, togliendo quella lucidità sui due lati del campo che ha permesso a Siena di ricucire dal -15 al pareggio. Ma le annotazioni tecniche vanno e vengono, la realtà è che tra Arezzo e Siena non è mai un'amichevole, non è mai noioso, non è mai fiato sprecato. 



Luca Amorosi


Ancora mi giravano le scatole per il rinvio del derby contro il Siena di mercoledì scorso quando, rassegnato a trascorrere una domenica da coma senza Arezzo, mi arriva il messaggio di Roberto: “Ci sei oggi a vedere la SBA contro il Siena?”
Mi si illuminano gli occhi: il basket mi piace, anche se non ci capisco granché. In più è l’occasione per vederlo comunque, un derby contro il Siena, in questa strana settimana. Perciò, qualche minuto prima dell’inizio, esco di casa, tanto il palazzetto è a due minuti a piedi. Per un attimo mi sento come il tifoso di una squadra di uno dei tanti quartieri londinesi che scende in strada dalla sua casina coi mattoncini rossi, gira l’angolo e si ritrova magicamente davanti alla Main Stand dello stadio della squadra del cuore. Insomma, varco l’ingresso senza passare da alcun tornello (che bello), faccio il biglietto, altro rituale a cui non sono abituato, e mi siedo, cosa che in curva è inammissibile. I primi minuti mi servono, quindi, per ambientarmi: la curva ormai è come una seconda casa, lì sono a mio agio, in mezzo a facce che conosco e che conoscono la mia. Tra i seggiolini del palazzetto, invece, mi sento quasi un estraneo e forse anche un po’ in colpa perché non ci vado mai. Lo spaesamento, però, lascia ben presto spazio alle sensazioni del match, della palla a spicchi e di quelle stupende maglie bianche e amaranto con lo skyline della nostra città. Mi rendo presto conto che dei punti in comune ci sono pure, come il tamburo che batte il tempo, le proteste contro gli arbitri, i fischi e altri rumori di disturbo nei confronti degli avversari o i boati ai canestri aretini.
A proposito, la SBA per larghi tratti corre e segna tanto, va anche sul +15, poi cala nettamente fino a farsi raggiungere, ma trova la forza e il cuore di non mollare, torna avanti e trionfa tra il tripudio del Pala D’Agata. Ecco, mi è piaciuto soprattutto il cuore di quei ragazzi sul parquet: Roberto mi spiega che molti vengono dal settore giovanile e sono aretini. Si vede, credetemi: c’era quel “citto” con la maglia numero 34 che aveva una voglia di battere gli odiati rivali che lo portava via, si vedeva dalla gestualità, dalla grinta e da un’esultanza dopo un canestro che non è piaciuta a quelli della Virtus, ma a noi sì e parecchio. Ma è stato bello anche vedere un piccolo popolo appassionato di una squadra aretina di un altro sport che non sia il calcio, sentire scandire il nome di Arezzo che rimbomba nel chiuso di un palazzetto anziché disperdersi nel cielo del “Comunale”, elargire applausi a dei ragazzi che non calciano il pallone coi piedi ma lo palleggiano con le mani. Personalmente, è stato bello scoprire di poter esultare per una tripla che ti riporta avanti quanto per un gol o di alzare le braccia al cielo quando suona la sirena come quando arriva il triplice fischio: è finita, abbiamo vinto!
Già, è stato parecchio bello vincere. Perché battere il Siena, che aveva anche qualche sostenitore sparso tra la folla da poter sfottere, è sempre una goduria, che sia calcio, basket o curling. Io quindi ti ringrazio, Scuola Basket Arezzo, per avermi fatto vivere lo stesso un derby e averlo vinto. E che siate d’ispirazione quando l’undici amaranto affronterà quello bianconero, perché noi vogliamo un’altra vittoria!

martedì 19 novembre 2019

Carrara: corse e ricorse storiche


Il 5 maggio 2018 era una bella giornata di sole ma in quei novanta incredibili minuti ci fu tempo per beccarsi un mezzo acquazzone di breve durata che sembrava presagire al peggio ma che invece, col senno di poi, fu una sorta di catarsi che anticipava la nostra salvezza. Ieri l’altro, di contro, in tutta la Toscana c’era allerta meteo e pioveva ininterrottamente da giorni, eppure non è scesa una goccia. 




Il 5 maggio 2018 erano 89 primi e 10 secondi quando Cellini (un ex) spediva in rete, di prima intenzione, l’assist di Moscardelli per lo 0-1 che concluse vittoriosamente la battaglia totale entrata di diritto nell'epica amaranto. L’altro ieri, domenica 17 novembre 2019, il cronometro segnava 88 minuti e 55 secondi quando Infantino, che una ventina di minuti prima, purtroppo, aveva deviato quanto bastava un tiro cross di Calderini (ma va’, un ex), sporcava, stavolta nella sua porta, la punizione velenosa di Cutolo che ha completato la rimonta. Insomma, quindici, ripeto, quindici ticchettii di differenza. Marco Cellini quel 5 maggio 2018 non aveva ancora compiuto 37 anni, così come Cutolo, che di quella battaglia fu uno dei protagonisti assoluti: due “vecchietti” del gol, entrambi mattatori di queste partite all'età di 36 anni e nati, pensate, nello stesso giorno, ripeto, lo stesso giorno, data di grazia 19 maggio. 
Analogie quasi inquietanti, anche se quel 5 maggio il gol arrivò “alla sinistra dei vostri teleschermi” che, tradotto per chi le partite le vive sul posto sia in casa che fuori, vuol dire lontano dal nostro settore e roba che, in quello stadio vecchio stile, anzi facciamo vecchio e basta, significa che a malapena vedi ciò che accade, anche se quella staffilata del Cello fu nitidissima. L’altro ieri, invece, il tutto è accaduto a un tiro di schioppo, sotto il nostro settore, meno popolato di quel 5 maggio ma non per questo meno caldo, visto che era già galvanizzato dal gol che aveva riaperto il match pochi giri d’orologio prima, sempre firmato San Nello da Napoli. Di conseguenza, la corsa degli amaranto sotto la Minghelli formato trasferta assiepata nei tre gradoni tre del settore ospiti è stata meno lunga, ma per il resto incredibilmente simile. 


Corse e ricorse storiche, verrebbe da dire. Alcuni protagonisti l’hanno rivissuta e infatti non hanno potuto non rievocarla nelle interviste o sui social: Luciani, Foglia, il capitano… Altri l’hanno sperimentata a modo loro, sostituendosi agli interpreti “originali”: Di Donato al posto di Pavanel, Mesina in luogo di Cellini e poi Piu, Borghini, Corrado, Caso, Picchi invece di Lulli, Muscat, Semprini, Cenetti e De Feudis (sigh). Una corsa sfrenata, una manciata di secondi dove non importava se la stagione è (finora) deludente, se alcuni giocatori non stanno facendo bene, se la squadra sta girando al di sotto delle aspettative; contava solo ritrovarsi di nuovo a esultare faccia a faccia, noi e voi, eroi, anche se solo in quel preciso momento, come quelli di quel 5 maggio. Poi no, a freddo non puoi che ammettere che è tutta un’altra cosa, che era tutto un altro contesto, che quel 5 maggio ha tutto un altro sapore, un’altra importanza, un altro brivido. 

Ma intanto lasciatemiquegli istanti dell’altro ieri spesi a esultare come un pazzo, senza poter respirare, perché perdere non ci stava mai, perché meritavamo di uscirne con qualcosa, perché siamo in crescita ed è giusto raccoglierne i frutti, perché ogni tanto dovrà girarci bene pure a noi, perché una volta tanto è bello essere quelli che sbeffeggiano gli altri per una rimonta subita. Un’esultanza vera, genuina, debordante, proprio come quel 5 maggio. In quegli stessi tre gradoni tre, scesi ancora una volta per schiantarsi in balconata come tutti gli altri a saltare e a urlare. Lasciatemi questa adrenalina, questi brividi, questa estasi: è il motivo per cui tifiamo, per cui facciamo i chilometri, per cui andiamo allo stadio. Anzi, facciamoci una promessa: noi non vi lasciamo mai soli e voi fatecele provare più spesso, queste emozioni. E la prossima volta, possibilmente, con tre punti in saccoccia. Lo spirito è giusto, prendiamoci questa scarica di energia positiva, poi torniamo sulla terra, lavoriamo sodo e togliamoci altre soddisfazioni. Avanti così, Arezzo!