mercoledì 23 ottobre 2019

La politica dei piccoli passi

Ci avrete fatto caso (spero) sia ai tempi di Amaranto Magazine che adesso. Per scelta e inclinazione personale, preferisco sempre lasciar passare un po' di tempo prima di commentare una partita, un po' perché se commentassi "a botta calda" magari rischierei di tralasciare la metà delle cose, un po' perché alla fine è giusto lasciare sedimentare quello che si è percepito durante la partita per avere una visuale più nitida di quello che è importante. Fatta questa necessaria premessa, la partita con l'Alessandria ci ha lasciato segnali negativi e segnali positivi.
Cominciamo dai segnali positivi, così ci togliamo subito il pensiero: per la prima volta quest'anno, l'Arezzo è andato in svantaggio e non ha perso. 
Fine dei segnali positivi. 

Il tifo della Minghelli non lo mettiamo tra i segnali positivi solo perché non attiene al campo, ecco.

I segnali negativi sono purtroppo molteplici, invece. Siamo alla decima di campionato e l'Arezzo continua con la sua asfittica media di un gol e un punto a partita. Ma ancor peggio di questo, gli amaranto sono una squadra che è ancora alla disperata ricerca di un'identità di gioco. In novanta minuti più recupero contro i grigi piemontesi (apro una parentesi: il fatto che questi siano la terza forza del girone ci fa capire come, a parte il Monza che farà un campionato per conto proprio, il livello tecnico non sia proprio eccelso) l'Arezzo ha trovato il gol grazie ad un pezzo di bravura di Gori, ha reclamato, neanche troppo convintamente, per un rigore non dato, e non crediamo di fare un torto a nessuno se diciamo che è tutto qui. 
Certo, Belloni rientrante dall'infortunio non aveva i 90 minuti nelle gambe, certo, il pari subito a tempo abbondantemente scaduto a Siena aveva lasciato strascichi più psicologici che altro, tutto quello che volete: sta di fatto che quando un giocatore dei nostri riceve palla sulla trequarti, spesso si ferma e si guarda intorno perché non sono ancora scattati quegli automatismi che diventano importanti a qualsiasi livello si giochi a calcio. Eppure siamo costretti a tornare su un punto, come commentavamo anche per messaggio con il mio vicino di posto in curva: il livello tecnico del campionato e la classifica corta fanno pensare che ancora oggi non sarebbe chimerico pensare addirittura ai playoff, con i dovuti correttivi. Anche se onestà impone che più che voli pindarici l'Arezzo oggi debba guardarsi più alle spalle che altro. Sono solo cinque le squadre che seguono il Cavallo Rampante in classifica, il che significa che se il campionato fosse finito domenica l'Arezzo si sarebbe salvato per un punto. C'è poco da stare tranquilli, insomma. A cominciare da stasera: la Pro Vercelli ha solo due punti in più rispetto all'Arezzo (ma con una partita in meno), ha la terza miglior difesa (dopo Renate e Monza) e il terzo peggior attacco (davanti solo a Lecco e Pergolettese). Le ultime esibizioni casalinghe dei sette volte campioni d'Italia parlano di una sconfitta per 2-1 subita dal Gozzano e di uno scialbo 0.0 contro la Pergolettese, unica squadra finora a non avere mai vinto neanche una partita in tutto il girone. In mezzo, la Pro si è portata a casa il derby col Novara vincendo per 1-0 al "Piola". Insomma, un avversario da prendere con le molle, ovvio, come ogni maledetta domenica (o mercoledì, o sabato, o lunedì, o quello che volete voi), ma l'Arezzo in primo luogo deve cominciare a ragionare su sé stesso, anziché limitarsi a dire che "contro l'Alessandria si sono visti dei progressi". Non è certo un segreto: la politica dei piccoli passi a volte paga, a volte no.

Nessun commento:

Posta un commento